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Caduta del pedone: quando la sua distrazione integra un “caso fortuito” idoneo a scagionare il custode da responsabilità?

Ottobre 4, 2023

La Suprema Corte, con ordinanza del 19 dicembre 2022 n. 37059, è tornata sul tema della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. e sul ruolo che, nell’accertamento di tale responsabilità, riveste la condotta della vittima in relazione alla sussistenza, e alla conseguente prova liberatoria, del caso fortuito.

È bene premettere che la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., rientrante nell’alveo della c.d. “responsabilità oggettiva”, prevede quale unico presupposto applicativo la titolarità, da parte di colui che è definito “custode”, di un’effettiva e non occasionale disponibilità, materiale e/o giuridica, della cosa, unita alla possibilità di esercitare un potere di controllo sulla medesima, la quale non deve necessariamente essere necessariamente pericolosa.

Il criterio di imputazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. prescinde da qualsiasi accertamento in termini di colpa, residuando in capo al danneggiato, la sola prova del fatto storico, del danno e del nesso causale tra l’evento lesivo e la cosa in custodia; di contro, grava sul custode la prova, positiva e  liberatoria, del caso fortuito, ossia di un fatto estraneo alla sua sfera di custodia, rectius controllo, avente carattere causale autonomo e dotato dei connotati dell’imprevedibilità e dell’assoluta eccezionalità.

Il caso sottoposto all’attenzione del Giudicante riguardava la richiesta di risarcimento dei danni avanzata nei confronti di un supercondominio (e della società che amministrava quest’ultimo, poi fallita) da parte di una donna, la quale, mentre scendeva da un marciapiede posto in corrispondenza del fabbricato, inciampava in una buca posta a ridosso del cordolo del marciapiede stesso, rovinando al suolo e riportando danni fisici.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda della danneggiata condannando i convenuti al risarcimento dei richiesti danni.

Diversamente, la Corte d’Appello, in riforma della pronuncia emessa dal giudice di prime cure, rigettava la domanda della danneggiata sull’assunto che, ai fini dell’integrazione del caso fortuito, fosse sufficiente il mero accertamento della condotta colposa della danneggiata, dal momento che, nel caso di specie, non vi era prova che lo stato dei luoghi presentasse “un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno”: la buca, infatti, nella prospettazione della Corte territoriale, sarebbe stata perfettamente visibile, tenuto conto delle condizioni di piena luce naturale al momento dell’incidente e del fatto che la buca si trovasse in un luogo abitualmente frequentato dalla danneggiata.

La Corte di Cassazione, chiamata in ultima istanza a pronunciarsi sul caso, accoglieva il ricorso della danneggiata, chiarendo e ribadendo i seguenti principi in materia:

– ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, l’accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell’art. 2051 c.c. e, pertanto, la responsabilità del custode può essere esclusa solo qualora quest’ultimo dimostri la ricorrenza del caso fortuito;

– per “caso fortuito” deve intendersi tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale e che risulta dotato di un’idoneità causale assorbente rispetto al danno, ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato o del terzo;

–  la ricorrenza del caso fortuito e, quindi, l’esclusione della responsabilità ex art. 2051 c.c., non può dirsi provata a fronte di un mero accertamento di una condotta colposa della vittima, ma è necessario che tale condotta presenti anche i caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità “tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell’evento di danno”;

– ad ogni modo, la condotta colposa del danneggiato, seppur non integrante ex se il caso fortuito, può assumere rilevanza sotto il profilo dell’accertamento del concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c., andando ad incidere sull’ammontare del danno che viene liquidato, che può essere ridotto secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (art. 1227 comma 1°c.c.) oppure negato, qualora il danneggiato avrebbe potuto evitare il danno usando l’ordinaria diligenza (art. 1227 comma 2° c.c.).

In conclusione, con il provvedimento in commento la Suprema Corte ha chiarito che la mera condotta colposa del danneggiato non basta di per sé a ritenere integrato il caso fortuito idoneo a “scagionare” il custode dalla responsabilità per cose in custodia ex art 2051 c.c.: perché ciò avvenga occorre che detta condotta presenti carattere di eccezionalità e imprevedibilità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.