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Responsabilitá professionale dell’Avvocato

Dicembre 1, 2021

Il cliente che fa causa al proprio avvocato ha diritto al risarcimento del danno, se il giudizio in cui il legale ha prestato il patrocinio non aveva chance di successo?

Con la recente sentenza n. 15604 del 4 giugno 2021 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema sempre molto attuale:

la responsabilità professionale dell’avvocato.  

Nel caso in esame un avvocato veniva citato in giudizio da un suo ex cliente per presunta negligenza professionale: a detta di quest’ultimo l’esito negativo del giudizio di medical-malpractice instaurato contro la struttura sanitaria presso cui era stato sottoposto ad intervento chirurgico che gli avrebbe provocato dei postumi invalidanti sarebbe riconducibile alla scelta processuale dell’avvocato di intentare l’azione nei confronti della soppressa Usl dell’area, scelta che avrebbe determinato il rigetto della domanda da parte del giudice di merito.  

Nel corso del giudizio di responsabilità professionale, l’avvocato chiamava in manleva la propria Compagnia di assicurazione per la responsabilità civile professionale. 

La domanda risarcitoria dell’ex cliente veniva rigettata sia in primo che in secondo grado, in quanto l’organo giudicante riteneva che, sebbene l’aver proposto la domanda nei confronti dell’ente soppresso integrasse una negligenza professionale, nel corso del giudizio non erano emersi elementi che consentissero di affermare un probabile esito favorevole della controversia, anche alla luce delle risultanze della consulenza tecnica disposta dal giudice di merito che aveva escluso la sussistenza del nesso causale tra la condotta dei sanitari e l’evento dannoso. 

Il caso è giunto sino in Cassazione, che ha rigettato il ricorso affermando un principio ormai consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’accertamento di un comportamento negligente in capo al difensore non può comportare in via automatica un giudizio di responsabilità dello stesso, in quanto la responsabilità dell’avvocato si fonda sulla “valutazione prognostica positiva” che, qualora l’avvocato avesse diligentemente tenuto la condotta dovuta, sarebbero seguiti effetti vantaggiosi per il suo assistito. 

La Corte ha affermato il principio secondo cui “In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, l’avvocato non è tenuto a risarcire il cliente nonostante la colpa professionale, quando la causa in tema di responsabilità medica non avrebbe avuto un probabile esito favorevole; il professionista resta invece obbligato al pagamento delle spese legali della Compagnia di assicurazioni evocata in giudizio in manleva”. 

È interessante notare che, a differenza di alcune pronunce più risalenti nel tempo, il giudizio in merito alla sussistenza del nesso causale tra la condotta negligente del professionista e il danno subito dal cliente viene condotto alla stregua del criterio probabilistico: occorre una valutazione prognostica positiva – non necessariamente la certezza – circa il probabile esito favorevole dell’attività del professionista se la stessa fosse stata correttamente e diligentemente svolta. Tale criterio si discosta da quello della “ragionevole certezza” o “certezza morale” dell’esito favorevole della lite applicato precedentemente. 

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso ed ha altresì condannato l’avvocato al pagamento delle spese legali in favore della propria Compagnia assicurativa chiamata in giudizio, alla luce della prescrizione del diritto azionato, confermando così il principio secondo cui la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta nei confronti del terzo chiamato determina la soccombenza nel rapporto processuale tra convenuto e terzo chiamato, anche quando l’attore sia soccombente nei confronti del convenuto chiamante.