Notizie

Rimborso spese legali a dipendenti ed amministratori degli enti pubblici

Aprile 10, 2019

L’accresciuta necessità di contenimento della spesa pubblica ha fatto emergere con sempre maggiore rilievo la questione relativa al rimborso delle spese legali per i procedimenti sostenuti da dipendenti e amministratori di Enti pubblici.

Per una migliore comprensione del tema, giova anzitutto evidenziare che la disciplina presenta dei principi informatori comuni, prevedendo poi alcune differenziazioni tra amministrazioni statali da un lato ed Enti locali/territoriali dall’altro.

Partendo proprio da questi ultimi, la normativa di riferimento va individuata nell’art. 28 del CCNL del 14.09.2000, il cui testo (fedelmente recepito da quello dell’abrogato art. 67 del D.P.R. 268/87) recita: “L’ente, anche a tutela  dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”. La ratio sottesa a una norma così formulata (ma più in generale all’intera disciplina in materia) è evidentemente quella di garantire la tutela legale di un soggetto che nello svolgimento dei propri compiti non è portatore di un interesse proprio, quanto dell’interesse collettivo della pubblica amministrazione per la quale agisce.

La normativa riguardante i dipendenti delle amministrazioni statali ha invece il suo fulcro nell’art. 18 del D.L. 25.03.1997 n. 67, convertito con la legge 23.05.1997, n. 135, il quale dispone che “Le spese legali relative a giudizi di responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”. Una prima differenza rispetto alla disciplina degli enti locali, che pone a carico delle amministrazioni una tutela “preventiva” del dipendente (con conseguente assunzione degli oneri di difesa “sin dall’apertura del procedimento”), è quindi la previsione di una tutela “successiva” nella forma del rimborso a opera dell’Amministrazione di appartenenza. Un’ulteriore peculiarità risiede poi nel parere di congruità che deve essere espresso dall’Avvocatura dello Stato sulle richieste di rimborso, anche nei casi in cui la liquidazione delle spese legali sia stata già disposta dal giudice in sentenza.

Da un’analisi delle normative sin qui citate è pertanto possibile evidenziare alcuni requisiti di portata generale, essenziali ai fini del rimborso:

  • assenza di conflitto di interessi;
  • assenza di dolo o colpa grave;
  • presenza di un nesso causale tra le funzioni esercitate e i fatti giuridicamente rilevanti (“per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio”).

Tale ultimo requisito discende direttamente dall’art. 28 della Costituzione, il quale dispone che “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. La giurisprudenza amministrativa (divenuta via via più restrittiva al fine di garantire un maggior contenimento della spesa pubblica rispetto al passato) precisa poi che il nesso causale “può considerarsi sussistente solo quando risulti possibile imputare gli effetti dell’agire del pubblico dipendente direttamente all’Amministrazione di appartenenza”, non essendo pertanto sufficiente il mero fatto dell’assoluzione/archiviazione (Corte dei Conti, sez. giur. Lazio, sent. N. 1908/2009; Cons. Stato, sent. n. 5986/2006).

La disciplina del rimborso delle spese legali prevede poi un’ulteriore specificità per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti, regolati dall’art. 3, comma 2-bis, del D.L. 23/10/1996 n.543, convertito in legge, con modificazioni dall’art.1, comma1, della L.639/96, il quale stabilisce che “In caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20 come modificato dal comma 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei Conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza”. Anche in sede di responsabilità contabile, pertanto, la sola forma di tutela contemplata è quella “successiva” del rimborso. La peculiarità principale è piuttosto la previsione del requisito del “definitivo proscioglimento” (non previsto per i giudizi civili e penali).

In considerazione dei parametri stabiliti dalle fonti normative e dell’interpretazione che di queste dà la giurisprudenza della Corte dei Conti, è pertanto di fondamentale importanza che il dipendente pubblico si premuri di concertare con il proprio ente di appartenenza – soprattutto laddove sia previsto l’istituto del c.d. “comune gradimento” – la nomina del proprio legale, al fine di non incorrere in potenziali contestazioni in sede di successivo rimborso.

Allo stesso modo, e con specifico riferimento a tutti quei prodotti assicurativi che prevedano la possibilità del rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti della P.A., emerge chiara la necessità di interagire tempestivamente con gli Assicuratori già nella fase iniziale del sinistro, al fine di ottenerne il preventivo assenso alla rifusione dei costi di difesa, in ossequio alle disposizioni contenute nel contratto assicurativo sottoscritto.