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Decisione della Cassazione (Cass. Civ. sez. VI ordinanza 2298/2018) sull’insidia stradale

Settembre 17, 2018

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2298, depositata in data 30 gennaio 2018, è tornata su un argomento oggetto di un acceso dibattito giurisprudenziale con prese di posizione a volte antitetiche, essendo stata inquadrata la cosiddetta “responsabilità da insidia o trabocchetto” della Pubblica Amministrazione in passato sia sotto l’art. 2051 c.c., che sotto l’art. 2043 c.c.; con tutte le conseguenze applicative che ne derivano, soprattutto in tema di onere della prova.

Ricordiamo, infatti, che la responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., applicata alla Pubblica Amministrazione con riferimento al demanio stradale, ha natura oggettiva (o semi oggettiva), con la conseguenza che il soggetto danneggiato è da ritenersi esonerato dalla prova dell’elemento soggettivo della colpa del custode, mentre l’ente pubblico è tenuto, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio, a fornire la prova liberatoria del caso fortuito.

Configurando la responsabilità della Pubblica Amministrazione per le insidie stradali quale una normale ipotesi di responsabilità per colpa ex art. 2043 c.c. è invece il soggetto danneggiato a dover dimostrare la cosiddetta colpa dell’ente pubblico per non aver rimosso un ostacolo soggettivamente prevedibile e oggettivamente visibile.

Negli ultimi anni la giurisprudenza ha inquadrato la responsabilità dell’ente pubblico quale responsabilità ex art. 2051 c.c. Tale inquadramento si è prestato spesso a storture, soprattutto da parte dei Giudici di Pace, che hanno reso molto difficile, se non impossibile, per gli enti pubblici, e di conseguenza per gli Assicuratori che assicurano gli enti per la responsabilità civile terzi, sottrarsi ad una sentenza di condanna.

La suddetta ordinanza assume, quindi, rilevanza in quanto ha ritenuto applicabile ad un Comune la responsabilità ex art. 2043 c.c. Riportiamo qui di seguito la massima: “Al fine di integrare l’insidia stradale ai sensi dell’art. 2043 c.c., è necessaria la ricorrenza degli elementi della prevedibilità e della non visibilità del pericolo; sicché deve escludersi la responsabilità dell’amministrazione comunale nel caso in cui sia possibile avvistare le buche stradali con una condotta di guida più attenta alle condizioni del manto stradale (tenuto anche conto dell’ampiezza dell’avvallamento e dell’orario “centro-diurno” in cui si è verificato il sinistro).”

Nel caso di specie, il ricorso era stato promosso dal conducente e dal proprietario di un ciclomotore avverso la sentenza che aveva negato il risarcimento dei danni occorsi a seguito di un sinistro causato da una buca sul manto stradale. La vicenda, inquadrata nel paradigma

dell’art. 2043 c.c., si era conclusa con la conferma della mancanza di prova dei requisiti della non visibilità e della prevedibilità del pericolo, integranti gli estremi dell’insidia stradale.

Ebbene, vi è da augurarsi che la giurisprudenza, soprattutto delle corti inferiori, continui sul solco tracciato dalla Suprema Corte e che si assista sempre più ad una progressiva “valorizzazione” della condotta del danneggiato, che è tenuto a dimostrare, al fine di ottenere il risarcimento del danno, che l’evento dannoso si è verificato a causa di un ostacolo soggettivamente imprevedibile e non oggettivamente visibile, quindi non a causa di una scarsa attenzione all’ostacolo che gli si è posto davanti.